A Napoli, Pulcinella è non solo la maschera di Carnevale, al pari di monumenti e piatti tipici è simbolo della città.
Diverse le ipotesi tramandate dalla tradizione.
Per alcuni le origini risalirebbero alla commedia latina, ma quelle più note vedono la maschera derivare il nome da piccolo pulcino per il naso adunco oppure da un contadino di Acerra, un tal Puccio d’Aniello, che, stufo di zappare la terra, si unì ad una compagnia di girovaghi.
Fu il comico Silvio Fiorillo, attore di Capua vissuto nel Seicento, che lo introdusse nella Commedia dell’Arte, e che ne delineò i tratti del personaggio noto oggi: un lungo cappello bianco di stoffa e sul volto una mezza maschera nera, che copre solo gli occhi e evidenzia il naso curvo, lasciando scoperta la bocca sottile, una bocca sempre aperta per mangiare qualcosa o per chiacchierare.
La fame vorace è un tratto caratteristico, come la loquacità, chi non ha sentito mai l’espressione “il segreto di Pulcinella”?
Pulcinella è, dunque, la maschera del dualismo e del polimorfismo: l’uomo che la indossa è semplice, ma capace di reinventarsi – oggi imbroglione, domani contadino, poi altro ancora – mentre si aggira tra i vicoli colorati di Napoli alla ricerca di espedienti per sopravvivere.
Figura contraddittoria, spensierata, furba, apparentemente allegra, malinconica, che racchiude tutte le sfumature dell’anima della città all’ombra del Vesuvio.
Se vi aggirate per la città di Napoli ne sentirete, ovunque, lo spirito e ne troverete anche le effigie.
La più famosa è quella al Vico Purgatorio dei Decumani.
Dopo una bella foto, suggeriamo di completare l’esperienza con una bella pizza alla marinara e un calice di Lacryma Christi del Vesuvio Bianco Doc Terredora.
Necessary cookies are absolutely essential for the website to function properly. This category only includes cookies that ensures basic functionalities and security features of the website. These cookies do not store any personal information.