D. Mastroberardino

Due settimane in Asia a luglio e qualcuno penserà che i miei voti a scuola in geografia non fossero granché, ma sbaglierebbe. Pur consapevole che piena estate non è la stagione migliore per viaggi in Estremo Oriente, ho deciso che, dopo il Giappone, avrei colto, comunque, l’occasione per visitare altri clienti volenterosi di fare insieme attività promozionali e far conoscere di più i vini Terredora, frutto di una bellissima terra, l’Irpinia.

Dopo l’ultima serata a Singapore, di buon’ora e in anticipo come solitamente preferisco essere quando viaggio, sono in aeroporto con l’incubo che “aliti ancora di Durian”.

Ho il volo per Taipei e un weekend di degustazioni a Taiwan che mi aspetta.

Arrivo sull’isola sotto una pioggerella fitta che, scoprirò, è la coda di un tifone chissà se è lo stesso di quello di Osaka, non lo so, so solo che mi deprime: per me la pioggia è, come nei versi di Baudelaire, spleen…

La mia cupezza d’animo viene enfatizzata anche perché la città mi appare brutta e tetra.

L’albergo pure non aiuta, frequentato poco da stranieri, ti fa sentire ancor di più un pesce fuor d’acqua.

Nel tardo pomeriggio mi raggiunge Alessandro e, facendo meglio la sua conoscenza, inizio scoprire il posto dove mi trovo.

È un giovane italiano, 28 anni, che non lavora, come immaginavo, per una compagnia di ricchi taiwaneisi con la passione per il vino. L’azienda è sua e della sua ex ragazza, conosciuta in Inghilterra e seguita in capo al mondo, nella terra d’origine di lei.

Tutti a due, a meno di 25 anni, hanno deciso di mettersi in affari, fondare questa ditta di importazione vini di cui continuano ad essere soci anche oramai da ex.

Sono giovani industriosi, che non hanno paura di rischiare in proprio per costruirsi il futuro.

Questa intraprendenza mi colpisce come la loro capacità di separare affari e privato: un’invidiabile attitudine a saper navigare nel mare dell’esistenza.

Ascoltandolo parlare, inizio a capire perché mi appare tetro e brutto questo posto.

Comunemente ci si riferisce a Taiwan come Repubblica di Cina, lingua ufficiale è il mandarino.

Queste sintetiche informazioni possono indurre a pensare che sono in Cina, ma non è così semplice. Lo status giuridico di questo luogo è questione assai complessa.

La Repubblica di Cina, che assunse il controllo di Taiwan nel 1945, governava allora anche la parte continentale, la Cina attuale, e rivendicava pure la Mongolia. Con la sua sconfitta nella guerra civile, che portò i comunisti al potere a Pechino, il vecchio governo riparò a Taipei in attesa, sperava, di poter riconquistare la terraferma.

Questo spiega perché la capitale ufficiale sia ancora Nanchino, in Cina, mentre Taipei era ed è la capitale provvisoria e come tale è cresciuta: le sue architetture poco curate parlano del senso dì precarietà di questi luoghi e la speranza di tornare presto nella madre patria da vincitori.

Taiwan, o meglio la sua principale isola, Formosa, che ospita Taipei, ha rappresentato per decenni e per il mondo la vera Cina; solo con la perdita del seggio alle Nazioni Unite a favore della Repubblica Popolare Cinese, tutto è cambiato, Taiwan è divenuta uno stato de facto, non riconosciuto non solo dall’immenso vicino, ma anche dai più autorevoli Stati con cui pure intrattiene ottimi rapporti commerciali.

Uno strano e complicato puzzle è, dunque, la storia di questo posto…

Semmai non avessi compreso ciò, un paio di giorni dopo, oramai in Italia, non avrei avuto più dubbi. Voglio dire che se parli con i taiwanesi i veri cinesi sono loro, scrivono loro il mandarino, gli ideogrammi della tradizione, mentre il cinese è fatto di ideogrammi più moderni, semplificati. Se parli di Taiwan con i cinesi, cosa che avrei fatto in un evento a Expo, Taiwan è una parte della Repubblica Popolare Cinese, la Cina, come lo sono Hong Kong e Macau.

Nonostante il rebus dello status giuridico di queste isole, la verità è che, oggi, fra la terraferma e queste isole i rapporti commerciali sono assai fiorenti, che questi posti hanno una delle più alte concentrazioni di ricchi al mondo, più attenti però al conto in banca che alle bellezze architettoniche.

Alcune delle mie foto catturano il senso di bruttezza del posto, ma se vai oltre l’occhiata superficiale comprendi che qui è bello perché la gente è ospitale, schietta e raffinata, anche se non gli dispiace lo sfoggio della ricchezza, come accade di sovente in Asia.

Vedi, infatti, tantissime boutique e ristoranti di lusso e pure il vino è parte di uno status symbol al top.

Anch’io, immodestamente, divento, dunque, una star, tanto più che pare che, da queste parti, non siano arrivate molte donne del vino e il connubio donna – vino affascina anche gli asiatici.

Complici le iniziative prestigiose organizzate da Alessandro e Lynn, passo le mie serate a firmare bottiglie di vecchie annate, non solo di Taurasi come è facile immaginare, ma anche di Fiano di Avellino, la qual cosa mi intriga tanto perché questo è il primo posto in Asia, escludendo il Giappone, dove puoi parlare di grandi vini bianchi.

Con Lynn, la prima sera, vivo l’esperienza dell’alta velocità anche a Taiwan.

L’isola non è piccola come pensavo prima di arrivare, Kaohsiung, la sua seconda città, si trova nel sud-ovest ed è a quasi 350 km da Taipei, ad un’ora e mezzo di treno.

La cena è in un ristorante francese; ritrovo l’uovo con il fois gras e capisco che non è solo un caso, ma che questa complessità di sapori piace tanto agli asiatici. Quanto ai vini sono tutti importantissimi, solo il meglio per questa bella gente perché la Taiwan di oggi non somiglia neanche un po’ al posto dove si produceva merce a basso costo, quella merce grazie a cui, qui, in tanti sono diventati molto ricchi.

Il giorno dopo il pranzo è in un ristorante che parla di una nuova generazione d’italiani all’estero. Giovani che non temono di rischiare, in taluni casi molto colti come lo è uno dei proprietari di Taverna de’ Medici, un ragazzo laureatosi qui, con tesi scritta in mandarino, la qual cosa mi colpisce particolarmente visto l’impegno che deve aver richiesto.

La sera è in un’altra città, che raggiungiamo sempre in treno, con l’alta velocità.

Lì conosco una deliziosa coppia titolare di ben quattro ristoranti, di cui due a Taipei.

Sono Cinzia e Wang J-ping, lui talentuoso e stellato chef con la passione per l’Italia, in particolare per la cucina napoletana, ci preparerà fra l’altro gli ziti al ragù, lei in sala che accoglie gli ospiti con un delizioso charme, anche se a breve partirà per un master di un anno a Brà. Ovviamente mi promette verrà a visitare Terredora presto.

L’indomani è domenica, ma sarà la giornata di lavoro forse più impegnativa a Taiwan.

Avremo due grandi eventi, una masterclass con clienti vip in un posto che è molto di più un wine bar; è un locale sempre più alla moda a Taipei, di proprietà di un enologo locale con una cantina in California. La sua esperienza l’ha convinto ad attrezzare per i suoi clienti spazi dove possano conservare, al meglio, le loro collezioni di grandi vini.

La serata, l’ultimo evento a Taiwan, è sempre a Taipei e dire che sarà sfavillante è, davvero, riduttivo. Cominciamo dalla location: Mandarin Oriental; gli ospiti sono giornalisti e blogger di chiara fama, oltre che clienti vip. Compresa me, eravamo in 12 persone, tutti intorno al tavolo dello chef che, in un posto simile, è una saletta riservata tutta vetri, in un angolo della cucina, pure questa strabiliante già solo per i lampadari.

Siamo nel ristorante italiano di questo albergo di lusso all’europea, lo chef ci presenta i piatti ed io i vini che li accompagnano. E’ una degustazione da ricordare anche per me.

I vini:

aperitivo con Fiano di Avellino Docg Campore 2010

a seguire:

Greco di Tufo Docg Loggia della Serra 2009

Fiano di Avellino Doc Campore 2002

Taurasi Docg Fatica Contadina 2000 e 1999

Taurasi Riserva Docg Campore 2003 e 2000.

La serata è davvero un finale con fuochi di artificio, in perfetta armonia cibo, vino e compagnia.

Ciò detto, per quanto queste due settimane siamo state intense, interessanti, sono felice di tornare, finalmente, a casa e, poiché volerò via Bangkok, mi chiedo se questo sia un auspicio per il prossimo futuro.